Lanerossi-Padova, storie di grandi Ex: Attilio Berti – note di Paolo Paiusco
Abbiamo la scorsa settimana, con le note dedicate ad Adriano Bardin, dato avvio ad una breve serie di ritratti di calciatori che hanno indossato sia la maglia del Vicenza che quella del Padova: giocatori che, apprezzati per le loro gesta dagli appassionati di calcio di entrambe le squadre, ricompongono – nel ricordo ancora vivo dei campionati giocati anni addietro – la rivalità sportiva che contrappone le due città.
Dopo il grande Adriano Bardin in porta, lo schieramento vede un difensore di tutto rispetto: Attilio Berti.
Nato a Valdagno il 18 novembre 1950, Berti cominciò a giocare col Marzotto sin da ragazzo: attaccante sino alle soglie della prima squadra, vede valorizzate al meglio le proprie doti agonistiche venendo impiegato nel reparto difensivo. L’esordio in Serie C a diciotto anni ed un campionato giocato da titolare come terzino gli schiudono le porte del Lanerossi, in Serie A. Prima partita a Vicenza, il 24 ottobre 1971, contro il Milan (vittoria dei rossoneri 2-1), con Berto Menti in panchina.
Come per le note su Bardin, anche queste righe dedicate a Berti attingono – come riferimenti bibliografici – ai due bei volumi scritti dal Baffo: “L’ultimo spogliatoio” (pp. 238, Ipertesto edizioni, 14,90 euro), seconda edizione del 2013, e “Ricordi biancorossi” (pp. 112, Grafiche Marcolin, 14,00 euro), del 2022. Ad essi si aggiunge il libro di Pino Lazzaro “Nella fossa dei leoni. Lo stadio Appiani di Padova nei ricordi di tanti ex calciatori biancoscudati” (pp. 256, Ediciclo editore, 13,50 euro), pubblicato nel 2002 ma a tutt’oggi riferimento attualissimo, documentato ed autorevole.
Bardin, nei “Ricordi”, parla con affetto e stima del compagno di squadra: “Attilio Berti è di qualche anno più giovane di me, ma, nei dintorni dell’area di rigore, ne abbiamo passato parecchio di tempo assieme sia a Vicenza che a Padova. Che si trattasse di salvarsi all’ultima giornata o di vincere un campionato, lui era sempre lì, davanti a me, il difensore che fa sentire il suo portiere al sicuro, quello che si trova sempre sulla traiettoria del tiro e copre metà dello specchio della porta, quello che sulle punizioni a due va dritto e senza paura incontro alla palla per non lasciare a chi calcia il tempo di pensare. Berti aiutava tutti, compagni, magazzinieri, perfino il giardiniere. Giocasse o non giocasse, non l’ho mai sentito una volta lamentarsi. Attilio era uno di cui fidarsi sempre”.
Indirizzati da parole così chiare e nette, in cui si colgono con limpidezza le caratteristiche di Berti in campo e nella vita, rivediamo i campionati giocati nel Lanerossi dal difensore: sono in tutto quattro, dalla stagione 1971-’72 alla 1974-’75. I primi tre si conclusero con la “tradizionale”, per quanto sudata, salvezza: particolarmente emozionante quella ottenuta nel 1973, all’ultima giornata sul campo dell’Atalanta (vittoria per 1-0 del Lanerossi, con Bardin decisivo, come ricordato la settimana scorsa); in quel campionato Berti scese in campo per 23 volte, totalizzando il numero personale più alto di presenze stagionali in maglia biancorossa nella massima serie. Che saranno 54 in tutto: l’ultima nella stagione 1974-’75, conclusasi con una amara retrocessione, nonostante il ritorno in panchina, sul finire del torneo, di Manlio Scopigno.
“In serie A ho giocato a San Siro, a Napoli, all’Olimpico, li ho visti tutti quegli stadi. Ricordo la prima volta che sono andato a San Siro, l’arrivarci col pullman, tutta quella “cosa”, io che fin l’anno prima non ero in pratica mai uscito da Valdagno: avevo la pelle d’oca. Eppure, nonostante questo, la mia prima volta all’Appiani mi ha lasciato un’emozione particolare, che non dimentico. C’era brutto tempo, c’era tanta gente, l’ho sentita ed è stata un’esperienza nuova, che fin da piccolo avevo provato ad immaginare, giocare all’Appiani! Poi quando s’andava male, c’erano cinquecento spettatori, era triste. Ma i due anni di C2 era tornato pieno, ricordo i ventimila contro la Maceratese…”.
La testimonianza diretta di Berti a Pino Lazzaro raccorda i due periodi fondamentali della carriera del nostro protagonista, che nel 1975 passa al Padova, Serie C.
Un salto all’indietro – dalla A col Vicenza – che non spaventa Berti: come aveva vissuto con entusiasmo giovanile il passaggio dalla C alla A sulla rotta Valdagno-Vicenza, con l’assennatezza del carattere e della più matura età, affronta, in maglia biancoscudata, sia difficili stagioni di Serie C (alcune di queste con compagno di squadra il Maestro Lazzaro, con cui poi si ritroverà anche a Valdagno nella stagione 1983-’84) sia campionati al vertice, sino alla vittoria del campionato di Serie C2 nel 1981 (con l’amico Bardo in porta).
Saranno sei gli anni giocati al Padova, dalla stagione 1975-’76 alla stagione 1980-’81 (quella dei ventimila contro la Maceratese all’Appiani), con 175 presenze.
“Sono arrivato nel 75-76 a Padova, a Vicenza ne avevo parlato con Farina: c’era questa possibilità, era vicino a casa, il primo anno c’erano pure delle ambizioni, potevo andare su e giù con Vendrame e De Petri, mi stava bene” – racconta ancora Berti a Lazzaro: “Sono arrivato a novembre, la prima partita l’ho fatta contro il Sottomarina e abbiamo vinto 3-0. Ricordo che ho rischiato di non giocare perché non avevo con me i documenti, li avevo lasciati in macchina, ero venuto su da Vicenza assieme a De Petri con la macchina di Vendrame. Via allora con Pastorello a prenderli, praticamente abbiamo rischiato la vita quella volta, andava come un matto, ma abbiamo fatto in tempo”.
L’esperienza al Padova, per Berti, simbolicamente partì con un viaggio in macchina da Vicenza con De Petri e Vendrame e, altrettanto simbolicamente, si chiuse con gli spostamenti coi mezzi pubblici assieme a Bardin.
Sentiamo le parole del portiere nei “Ricordi”: “Durante l’anno in cui vincemmo il campionato di C2 con il Padova, io e Attilio facevamo i pendolari perché, per non rischiare di tardare all’allenamento, preferivamo viaggiare in treno. Ci si incontrava alla stazione di Vicenza e si partiva insieme per Padova, poi in bus fino allo stadio Appiani. Fu un anno straordinario in cui finalmente non si parlava di salvezza ma si pensava solo a vincere”.
E’ da notare che, senza dubbio, l’immagine di due calciatori professionisti che si muovono in treno e bus per andare all’allenamento è specchio di tempi andati; è altrettanto da rimarcare che l’immagine di Berti e Bardin in treno e bus rispecchia carattere e tempra dei due uomini, a prescindere dai tempi.
Il campionato 1980-’81, che si concluse con la vittoria del Padova, fu l’ultimo giocato coi biancoscudati da Berti, e fu un campionato umanamente difficile per Bardin, ma la felicità per la vittoria e il calore dell’amicizia travalicarono altri pensieri, a sentire le parole del portiere-scrittore: “Per me fu anche un anno incredibilmente complicato, in cui mi apprestavo a concludere la mia carriera di calciatore per iniziare quella di allenatore. La gioia finale della vittoria, però, per un momento cancellava tutto e Attilio, ancora una volta, era lì a ricordarmelo.
-Bardo, son felice de aver vinto el campionato con ti in porta”.
E la vittoria di quel campionato di Serie C2 in maglia biancoscudata si aggiunse ai successi condivisi negli anni delle salvezze in maglia biancorossa: pensare ai due compagni di squadra abbracciarsi felici per il successo della propria squadra al Menti prima, all’Appiani poi, immedesima in questo gesto tifosi del Lanerossi e tifosi del Padova, a distanza degli anni uniti – nella sportiva rivalità – da identici protagonisti.