Lanerossi-Padova, storie di grandi Ex: Franco Cerilli – note di Paolo Paiusco
Terzo appuntamento con le note dedicate ai grandi Ex di Vicenza e Padova, una breve rassegna di ritratti di calciatori che sono entrati nella storia di entrambe le gloriose società, avendo indossato sia la maglia biancorossa che quella biancoscudata.
Dopo aver provveduto ad assicurare solide fondamenta con Adriano Bardin in porta ed Attilio Berti sulla linea di difesa, la squadra che virtualmente sta componendosi sul terreno di gioco vede in questa puntata protagonista un giocatore di centrocampo con caratteristiche decisamente offensive: l’estroso Franco Cerilli.
Come di consueto, riportiamo i più significativi riferimenti bibliografici su cui si basano queste nostre righe; nell’occasione, il libro più interessante è quello di Pino Lazzaro,“Nella fossa dei leoni. Lo stadio Appiani di Padova nei ricordi di tanti ex calciatori biancoscudati” (pp. 256, Ediciclo editore, 13,50 euro), del 2002, già citato nei ricordi dedicati ad Attilio Berti, a cui si aggiunge una intervista a firma di Fabio Ornano per il Guerin Sportivo pubblicata nel 2016 ed un articolo di Marta Benedetti su un inserto speciale de Il Giornale di Vicenza per i 120 anni del Lane uscito l’8 ottobre 2021.
Franco Cerilli, nato a Chioggia il 26 ottobre 1953, ha giocato col Lanerossi in due periodi distinti, dapprima tra il 1976 ed il 1979 e successivamente tra il 1984 ed il 1986; nel mezzo, oltre a due anni a Pescara, tre campionati al Padova, dal 1981 al 1984.
Negli anni del Real Vicenza, Cerilli fu tra i protagonisti principali nella vittoria del campionato di Serie B nella stagione 1976-’77, del clamoroso secondo posto alle spalle della Juventus nel campionato successivo fino alla sfortunata stagione 1978-’79, conclusasi con il ritorno in B dei biancorossi.

Cerilli, Carrera, Lelj e Verza una parte del real Vicenza
Maglia numero 7, calzettoni non più in alto della caviglia (“alla Omar Sivori”), nei primi tre anni a Vicenza Cerilli giocò in 87 partite, segnando 7 reti. Il suo talento ed il suo carattere trovarono e donarono armonia ad una squadra che è rimasta nel cuore dei tifosi vicentini. L’intesa coi compagni, senz’altro, e la fiducia – ricambiata – dell’allenatore G.B Fabbri determinarono la consacrazione di Cerilli come uno dei più forti trequartisti nel periodo.
“Quella squadra fu fatta con i rottami, gli scarti di varie formazioni, questo si disse all’epoca – dichiarò a Marta Benetti –. Ci siamo amalgamati subito. L’allenatore ha trovato i ruoli giusti per ognuno di noi e da lì è partita la favola Real. Siamo ancora amici dopo 40 anni, ma diciamola una cosa: i risultati non si fanno con l’amicizia. Eravamo forti a tavola, ma di più in campo, giocavamo a memoria e forse solo ora realizzo che cosa abbiamo dato alla gente, se dopo così tanto tempo siamo ricordati come una squadra mitica. All’epoca scendevamo in campo completamente spensierati”.
Intesa di squadra e fiducia al e dell’allenatore, in questo caso Mario Caciagli nella stagione 1981-’82 e ancor più Bruno Giorgi nelle due successive, furono ancora gli ingredienti – in apparenza così semplici da elencare ma altrettanto complessi da trovare – dei brillanti campionati giocati in maglia biancoscudata, che culminarono con la promozione dalla C1 al termine del campionato 1983-’84.
“Andai a Padova, sebbene in C1, ma comunque mi riavvicinai a casa. Il primo torneo fu discreto, nel secondo ottenemmo la promozione in B. Il club aveva un ottimo progetto ed io riuscii a giocare bene e a farmi ben volere dai tifosi. Un giornalista de Il Mattino di Padova, Gianadolfo Trivellato, mi soprannominò “Mastro Cerilli”, un appellativo a cui sono rimasto molto affezionato” riferì Cerilli a Fabio Ornano.
E a Pino Lazzaro: “Ho fatto tre anni a Padova, tre stagioni che per quel che mi riguarda sono state forse il massimo della mia carriera. Certo, è stato importante il secondo posto in A col Vicenza, gli anni all’Inter (coi nerazzurri esordì in Serie A nel 1974 e giocò due campionati, totalizzando 19 presenze ed una rete, n.d.r), ma devo dire che in quelle occasioni ero uno dei tanti mentre a Padova m’è capitato di essere anche il beniamino dei tifosi (…). Erano ventitrè anni che non arrivavano alla B, stadio strapieno, ti coccolavano!”.

Cerilli a Padova
Nella stagione successiva, con Giorgi passato ad allenare il Vicenza, il Padova visse tribolati avvicendamenti in panchina (Sereni, Agroppi e Rambone, come nei ricordi di Bardin riportati nelle note di un paio di settimane fa) ma non ebbe problemi di classifica: Cerilli era indubitabilmente uno dei calciatori più amati dagli sportivi padovani ma la scarsa fiducia – di fatto – nei suoi confronti del riconfermato Rambone lo condussero al ritorno in biancorosso.
“Fu quello il mio terzo e ultimo anno col Padova – raccontò Mastro Cerilli sempre al Maestro Lazzaro –. Me ne andai proprio per contrasti con Rambone. Lui girava per i club dicendo che ero ormai un mezzo giocatore, che m’avrebbe fatto giocare solo in casa; lì a Padova mi avete voluto bene e così c’era chi mi veniva a riferire ogni cosa. Alla fine del campionato, quando la società chiese anche a me un parere sulla riconferma di Rambone, dissi ai dirigenti che di sicuro se lo avessero chiesto a tutti e 20, in 19 non avrebbero voluto la sua riconferma. Il giorno dopo venni a sapere che era stato riconfermato, mi sentii preso in giro e così decisi di andar via, mi pare poi che fosse quello il primo anno in cui c’era lo svincolo. Fu una decisione di cui adesso mi pento, avrei dovuto essere più ragionevole e meno istintivo perché gli allenatori passano ma i tifosi rimangono ed ero benvoluto dalla gente. In effetti poi Rambone durò poche settimane, lo esonerarono: l’essere andato via da Padova è uno dei pochi pentimenti che ho”.
Un dispiacere per i tifosi biancoscudati, acuito dal fatto che Rambone fu appunto esonerato a metà del girone d’andata (arrivò al suo posto Di Marzio), una rinnovata gioia per i tifosi del Lane, che videro ulteriormente rinforzata la propria squadra: e quindi doppio salto dalla C1 alla A (39 presenze totali e nessun gol per Cerilli), con la felicità per il ritorno nella massima serie strozzata dagli esiti della inchiesta sul cosiddetto Totonero-bis: e quindi Vicenza penalizzato e Cerilli squalificato, con la chiara impressione di essere stato individuato come il più comodo dei capri espiatori.
“Mi è cascato il mondo addosso – riferì a Marta Benedetti –, ma sono sempre andato in giro a testa alta. Che uno mi creda o no, quando sono tornato a Vicenza ho vinto due campionati. Non ho né venduto né comprato partite”.
Ad Ornano che gli chiede: “Dopo lo scandalo, quali conseguenze hai vissuto sulla tua pelle?”, risponde diretto: “Non fu un bel periodo per me. Ho perduto parecchi amici, ma sapete chi non mi ha mai abbandonato? I miei compagni del Real Vicenza ed i tanti rapporti umani al di fuori del calcio”.
I tanti rapporti umani al di fuori del calcio e i compagni del Real Vicenza non lo abbandonarono mai, rammenta Cerilli. Ad essi si aggiungono – nel ricordo vivo delle partite illuminate dalla sua classe – tantissimi tifosi tanto del Lanerossi quanto del Padova, sportivamente rivali nel sostegno ognuno alla propria squadra e al tempo stesso sportivamente accomunati dall’affetto dovuto all’identico campione: affezionati del Menti e dell’Appiani con ancora negli occhi Cerilli che s’invola, si ferma, finta, scarta, crossa o appoggia, fa fare gol.