Lanerossi-Padova, storie di grandi Ex: Antonio Pin
note di Paolo Paiusco
Se un pomeriggio d’autunno un lettore: in assonanza col titolo di un romanzo piuttosto originale di Italo Calvino uscito nel 1979 – “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, appunto – se un pomeriggio d’autunno un lettore affezionato di queste note rammentasse che tra i “grandi Ex” di Vicenza e Padova vi è anche un suo ex allenatore al Petrarca Calcio (altra storica società padovana) a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, sarebbe senz’altro opportuno considerare l’idea di tracciarne il ricordo.
Specie se il lettore è Pino Lazzaro (il Maestro i cui scritti rappresentano fonti ampiamente citate nella galleria di ritratti tratteggiati in questa rubrica), e specie se il protagonista si rivela doppiamente “grande Ex”, perché del Padova e del Lanerossi è stato oltre che giocatore anche allenatore.

Uno volo plastico di Pin in una gara Padova- Juventus (si riconoscono Sivori e Nicolè)
Giocava in porta, Antonio “Toni” Pin, nato a Fossalta di Piave, provincia di Venezia, il 3 ottobre 1928.
E’ stato il portiere del Padova di Rocco, la squadra dei mitici “panzer” che rappresentano l’undici più amato nel ricordo – ormai soprattutto tramandato – dei tifosi biancoscudati, terzo posto nel 1958, il piazzamento più prestigioso di sempre per la squadra della città del Santo.
Sei campionati, dal 1956-’57 al 1961-’62, tutti in Serie A, 187 presenze in tutto (l’estremo difensore con più presenze nella storia del Padova), l’ultima stagione chiusa con l’amarezza della retrocessione, gli anni del “grande Padova” erano ormai passati: “Ci sono rimasto sei anni e sono stati sei anni molto belli. Quel che ricordo è l’amicizia che c’era in squadra, davvero. Ci si divertiva e penso a quelli che giocano adesso: dai, i soldi non sono tutto”, raccontò a Pino Lazzaro nel 2002.
Non molto alto, per essere un portiere (1 metro e 75), ma agilissimo, dotato di un grande colpo di reni, Pin giunge a Padova dopo essersi affermato in Serie A giocando tra le fila dell’Udinese e della Sampdoria. Sfiora ripetutamente il trasferimento a squadre di vertice; a vent’anni l’ingaggio al Grande Torino era sfumato all’ultimo per un infortunio (“Fu una fortuna – ricordava – perché altrimenti sarei stato anch’io su quell’aereo a Superga…”), successivamente si interessano a lui anche Inter e, durante gli anni in biancoscudo, soprattutto Juventus ma senza arrivare a concludere: “Dovevo andarci per ben due volte. Ricordo che una volta, incontrandomi con l’avvocato Giordanetti della Juve, ho scoperto d’essere stato l’unico giocatore, come lui diceva, ad aver rifiutato la Juve per ben due volte. Possibile?(…)Aveva fatto tutto Rocco”.
Dopo Padova, Vicenza: dal 1962 al 1965, sempre in Serie A: “non ho mai giocato in B”, ricordava con un pizzico di giustificato orgoglio.
Secondo di Luison, con Scopigno in panchina, el vecio Pin conta due presenze nel campionato 1962-’63 e quattro nel campionato 1963-’64, nel quale entra nel giro della prima squadra e fa poi il suo esordio in biancorosso el bocia Adriano Bardin.
“Quando si giocavano due partite consecutive in trasferta si rimaneva in viaggio per una decina di giorni di seguito – ha raccontato il Baffo – . Ma in questi casi il portiere di riserva Toni Pin (soprannominatosi Jack Tenaglia) preferiva attendere a casa il nostro ritorno. Fu così che nel 1963, in occasione della doppia trasferta di Messina e Catania, comprensivo di ritiro esotico a Taormina, potei finalmente viaggiare con il resto della squadra come riserva di Luison”.
Terminata la carriera da calciatore, Pin rimane al Lanerossi nell’organico tecnico.
“A Vicenza ho cominciato ad allenare, il primo anno con Campatelli come direttore tecnico, poi da solo”, sempre al Maestro Lazzaro.
Serie A, campionati 1965-’66 e 1966-’67: in quest’ultimo subentra ad Aldo Campatelli dalla nona giornata e viene a sua volta avvicendato da Berto Menti dalla trentesima; stagione difficile ma che vede comunque il Lanerossi centrare ancora una volta l’obiettivo salvezza.
Dopo Vicenza, allena il Potenza in Serie B, quindi torna in Veneto: Petrarca, Caorle, Dolo, ancora Caorle. Sembra non dover più guidare squadre oltre la IV Serie, quando arriva una proposta da una squadra di Serie C invischiata nei bassifondi. Una proposta dal Padova: col cuore, Pin non può rifiutare.
Sulla panchina del Padova perciò siede, da allenatore, una decina d’anni dopo l’esperienza a Vicenza, subentrando a Bergamasco nel gennaio del 1977: “Farina mi fa un giorno: ‘Perché non Padova?’. Erano ultimi in classifica, a quattro punti dalla quartultima e ci siamo salvati. Ricordo che mi chiesero cosa volessi come premio: una squadra, gli risposi. Era il tempo di Pastorello e Longhin; eravamo d’accordo sulle cifre, tutto a posto, ma Farina mise una clausola: ‘La squadra la faccio io’. Me ne sono andato”.
Dopo Padova, panchine a Belluno, Abano, ancora IV Serie. Poi basta.
E’ morto a Padova, il 5 febbraio 2012, gli ultimi anni segnati dalla crudeltà dell’Alzheimer.
Il ricordo di Pino Lazzaro è fatto di poche ma sentite parole: “Pin allenatore al Petrarca, a volte si metteva lì in porta, un motivo in più per noi per provarci, per fargli gol, lui che era stato il portiere di “quel” Padova che da bambino ho visto, sì, dalla gradinata dell’Appiani. Per segnargli bisognava tirare da un metro, aveva 40 anni allora. Dell’Appiani mi parlò tra l’altro per il libro che a suo tempo ho messo assieme, per dedicarlo a quel luogo così speciale. Era una brava persona, diritta e sincera e dunque lo saluto e mi alzo in piedi”.
Un omaggio, quello del Maestro, in cui idealmente si ritrovano gli sportivi affezionati alla squadra che gioca al Menti, alla squadra che giocava all’Appiani.
E se una notte d’inverno un viaggiatore, come in un romanzo d’altri tempi, si trovasse in una sera piovosa ad entrare dentro al bar di una stazione, sceso da un treno e in attesa di un altro, l’attesa potrebbe ingannare leggendo la storia di Toni Pin: uomo d’altri tempi, di un calcio d’altri tempi.