I grandi nomi del calcio che hanno indossato la maglia del Vicenza in carriera
Vicenza è una provincia che respira calcio. Il Romeo Menti è stato spesso teatro di sogni più grandi della città, capace di esaltarsi attorno a squadre che hanno scritto pagine fuori misura rispetto al bacino d’utenza. È la magia del “Real Vicenza”, soprannome nato alla fine degli anni Settanta e diventato un modo di dire per indicare imprese oltre le aspettative: una storia fatta di talenti che in biancorosso sono esplosi, rinati o passati lasciando un segno profondo.
Paolo Rossi, l’icona che ha cambiato il destino di un club
Prima che il mondo lo conoscesse come l’eroe del Mundial ‘82, Paolo Rossi diventò “Pablito” a Vicenza. Trasformato da ala a centravanti, guidò i biancorossi alla promozione in Serie A nel 1976-77 laureandosi capocannoniere di B (21 gol), quindi ripeté l’impresa da neo-promosso segnando 24 reti nell’incredibile seconda posizione del 1977-78: nessuno segnava così tanto e così in fretta, e nessun’altra neopromossa arrivò così in alto. Quel biennio scolpì il mito del “Real Vicenza” e proiettò Rossi in Nazionale.

Paolo Rossi con Pelè
Roberto Baggio, il ragazzo prodigio che partì da qui
Molto prima delle treccine viola e dei rigori mondiali, Roberto Baggio crebbe nel vivaio biancorosso, dove arrivò appena adolescente. Con il Lanerossi esordì tra i professionisti a 16 anni e chiuse l’ultima stagione in C1 con 12 gol in 29 partite: numeri sufficienti a convincere la Fiorentina a investire su di lui nonostante un grave infortunio. A Vicenza, insomma, nacque la traiettoria tecnica e mentale del “Divin Codino”: creatività, freddezza sotto porta e una precoce capacità di incidere.

Baggio con la moglie Andreina
Luca Toni, il centravanti che si è fatto largo a spallate
Arrivato nel 2000, Luca Toni visse a Vicenza una tappa dura e formativa. In una stagione complicata per la squadra (poi retrocessa), il centravanti mise insieme 9 gol in 31 gare di Serie A, confermando istinto, gioco aereo e lavoro spalle alla porta che diventeranno il suo marchio di fabbrica negli anni successivi tra Palermo, Fiorentina, Bayern e la Scarpa d’Oro. Il suo passaggio al Menti resta una parentesi breve ma importante nella costruzione di un numero 9 “all’antica” e modernissimo.
Christian Maggio, la rampa di lancio di un esterno totale
Tra i talenti cresciuti in casa spicca Christian Maggio, esordiente in A proprio con il Vicenza nel 2000-01. Mancino? No, destro esplosivo: corsa, resistenza e tempi d’inserimento che a Napoli lo renderanno uno degli esterni più determinanti della Serie A del decennio successivo. Con i biancorossi mosse i primi passi tra 2000 e 2003, apprendistato che lo accompagnerà fino alla Nazionale di Prandelli.

I cavalieri della Coppa: Otero, Brivio, Maini e l’impresa del 1997
Se gli anni Settanta sono la primavera del mito, il 1996-97 è la stagione della consacrazione: Vicenza alza la Coppa Italia, unico grande trofeo della sua storia. In panchina c’è Francesco Guidolin; in campo, un gruppo solido e coraggioso. Il cannoniere è l’uruguayano Marcelo Otero (13 reti stagionali), protagonista di un’annata da trascinatore. Tra i simboli, il portiere Pierluigi Brivio, il difensore Joachim Björklund (che passerà ai Rangers), l’instancabile Fabio Viviani e gli eroi della finale di ritorno al Menti: Giampiero Maini che rimette subito in pari il doppio confronto col Napoli, poi Maurizio Rossi e Alessandro Iannuzzi a firmare l’extra-time di un 3-0 entrato nella memoria collettiva.

Gigi Brivio
Un prisma per leggere il calcio italiano
Osservare i grandi ex del Vicenza permette di leggere, per riflesso, la storia recente del nostro calcio: l’epopea romantica di Rossi, il talento olimpico di Baggio, la restaurazione del centravanti con Toni, l’evoluzione tattica degli esterni con Maggio, fino alla sorpresa “di provincia” che vince un trofeo nazionale come nel 1997. In un panorama dove le competizioni europee polarizzano attenzione e confronto, in particolare con tutte le quote sulla champions league disponibili sui principali portali online, spesso si dimentica quanto abbiano contato realtà come Vicenza nel formare giocatori poi decisivi proprio in quei palcoscenici. Qui, invece, la cornice è stata spesso un trampolino.
Cosa resta del filo rosso biancorosso
La cifra comune è l’idea che il talento vada accompagnato. Nel caso di Rossi, fu una scelta tecnica illuminata a cambiare il corso della sua carriera; per Baggio, furono coraggio e pazienza dopo l’infortunio; per Toni, un anno complicato ma rivelatore nella massima serie; per Maggio, il contesto giusto per affinare corsa e letture. Il Vicenza è stato tutto questo: fucina, specchio e prova del nove. E ogni volta che nei nomi dei biancorossi rivediamo una parte della nostra memoria calcistica, riaffiora l’immagine di uno stadio che sa riconoscere il merito e accogliere il sogno.

