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L’anima del pallone di Antonio Paganin

Scritto da Redazione

Presentazione del libro “L’anima del pallone. Professione calciatore” di Antonio Paganin – note di Paolo Paiusco

 

E’ stato presentato, lo scorso 12 luglio, nell’ambito degli eventi in cartellone di Abilitante Social Fest a Montecchio Maggiore, il libro di Antonio Paganin “L’anima del pallone. Professione calciatore” che l’ex calciatore dell’Inter ha scritto a quattro mani con il compianto professore Adriano Gennari. La presentazione, curata dalle cooperative sociali Piano Infinito e Città Solidale, è stata preziosa occasione per riscoprire un volume uscito nel 2010 ma attualissimo per i contenuti e per il messaggio che vuole trasmettere.

L’immagine che rappresenta in maniera emblematica il libro è senza dubbio, e nel modo più immediato, quella riprodotta nella bella copertina: Antonio e il fratello Massimo che baciano la Coppa Uefa appena conquistata, dopo la vittoriosa finale di ritorno giocata al Meazza contro gli austriaci del Salisburgo l’11 maggio 1994. Due fratelli che giocano nella stessa squadra e insieme vincono un prestigioso trofeo internazionale è di per sé evento estremamente raro, quasi eccezionale.

Per l’Autore rappresenta uno dei non pochi successi che ha raggiunto nella sua carriera: ma i successi non giungono per casualità e immediato azzardo, alle spalle hanno – al contrario – anni di impegno, dedizione e sacrificio.

Elementi, questi, che per chi riesce a fare della propria passione il proprio lavoro – come nel caso di un calciatore – lo rende senza dubbio collocabile nella categoria che banalmente, ma con efficacia, si può definire di “privilegiati”. Antonio non si sottrae a questa chiave di interpretazione, anzi la legittima, riuscendo però a superarla raccontando e argomentando – con semplicità ed al tempo stesso con profondo senso di introspezione – la sua storia: raccontando, meglio, la storia di una parte della sua vita.

Filo conduttore ideale, quasi onirico, è una partita: una partita vera, giocata realmente, dall’Inter di Trapattoni contro il Napoli di Maradona, che Antonio è destinato a marcare. Ma a questa partita se ne intrecciano mille altre, a partire da quelle giocate quindicenne in Seconda Categoria con i biancoverdi del Laghetto, per poi passare a quelle in rossoblù nelle giovanili del Bologna fino all’esordio “tra i grandi”, in Seria A, con la “bellissima maglia” della Sampdoria di Vialli e Mancini fino alla maglia nerazzurra dell’Inter. L’incontro di presentazione è stata occasione interessante, specie per gli appassionati di calcio, di sentire raccontare dall’Autore aneddoti e particolari che non sono riportati nel libro ma che sono perfettamente coerenti col suo contenuto;  e quindi, dopo quella blucerchiata la maglia bianconera dell’Udinese: due stagioni, la prima in Serie B (l’unico campionato da Antonio giocato tra i cadetti) conclusa con la promozione in A e la conquista della Coppa del Mondo con la Nazionale Militare. Dopo Udine, cinque campionati a Milano, fino a chiudere la carriera da professionista con Atalanta e Verona. Antonio chiude col calcio di Serie A a 31 anni, scegliendo di non continuare pur avendo proposte sia in Italia che all’estero. A riguardo, è stato particolarmente coinvolgente udire quanto raccontato nelle pagine del libro direttamente dalla voce del protagonista, che ne ha reso ancor più vivido il contenuto: come calciatore sentiva di stare giocando i minuti finali, che forse si era addirittura andati oltre il tempo di recupero; ma andava bene così: il triplice fischio era la fine dell’ultima partita da calciatore ed assieme l’inizio di un nuovo campionato, come uomo, come persona.

Senza enfasi, senza retorica: un bel messaggio.

Di altri bei messaggi è costellato il libro. Anzitutto un messaggio per i ragazzi, per i giovani che hanno un sogno (per lo più diventare calciatore):“credete nei sogni!” e al tempo stesso “non mollate alla prima difficoltà!” perché lo stesso Antonio ha vissuto la delusione di essere scartato dopo un provino.

Significativo, a riguardo, l’intervento di Marco Cirasole, giovane analista calcistico che con Paganin ha dialogato, confrontandosi sulla difficoltà di poter affermarsi in un ambito così specifico e convenendo su quanto sia preziosa la consapevolezza di dover impegnarsi con tenacia avendo, insieme, la fiducia – oltre che la speranza – che venga colto e valorizzato il proprio talento.

Paganin ha reso omaggio, nella presentazione, allo scomparso professore Adriano Gennari, co-autore del libro: Gennari era professore di filosofia nel liceo frequentato dal figlio di Antonio, il libro era stata una sua idea. Leggendone le pagine, si coglie appieno quanto condiviso da Paganin con il pubblico: “il professor Gennari ha aperto dei cassetti in me: è stato divertente e piacevole scoprire conoscenze che avevo in me ma non sapevo di possedere”. Il professore Gennari, quindi, perfettamente filosofo nel dedicarsi alla maieutica come insegnata da Socrate.

In conclusione, l’Autore ha raccontato la bellissima, ideale pagina di chiusura del libro: ideale perché non scritta sebbene realmente accaduta. Anche in quarta di copertina è riprodotta l’immagine dei due fratelli che baciano la coppa; dopo questa foto, Antonio e Massimo prendono la coppa appena vinta e corrono verso Renato, un loro zio carissimo (che – persona con disabilità – è nel settore dello stadio riservato) rincorsi dai referenti dell’Uefa, presi alla sprovvista dal familiare fuori-programma. Si fanno una foto con lo zio, felice ed orgoglioso dei nipoti. Renato verrà a mancare pochi mesi dopo: e nello sguardo, più che nelle parole di Antonio, si comprende che la vita di ognuno di noi porta in sé ricchezze e ricordi preziosi, che vanno ben al di là di una coppa alzata.

 

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