Serie B

Chievo, che peccato!

CHIEVO, CHE PECCATO !

 

Dai e dai, alla fine la tragedia sportiva in casa Chievo si è consumata. Ero impegnato su temi non sportivi, quando  mi è apparsa la notizia della decisione del Tar del Lazio che mette fine ad una storia veneta, ma pure di respiro mondiale, che ha affascinato un po’ tutti in questi ultimi anni. Personalmente mi riferisco agli ultimi vent’anni, da quando cioè il Chievo è stato proiettato in serie A. La squadra di un quartiere veronese approdata nella massima serie! La squadra di periferia, peraltro nata nel 1929, che si trova quasi inconsapevolmente a giocare a San Siro, o al Meazza che dir si svoglia, a Torino, a Napoli, Roma, Firenze.

Agli inizi pareva quasi di vivere in un sogno per una fetta di veronesi – mentre per tanti altri il Chievo era solo sopportato, visto il forte marchio dell’Hellas Verona sul calcio scaligero – che si trovavano a gestire questa botta di incredibile felicità sportiva. Personalmente, pur essendo antico tifoso del Vicenza, mi sono lasciato sedurre dalla singolarità dell’impresa clivense, dalla sua unicità. Vedevo replicata nelle gesta sportive del Chievo quella cavalcata economico-sociale che aveva trasformato il Veneto in una regione all’avanguardia in ambito nazionale e internazionale. Una replica, in altre parole, del famoso miracolo del Nordest che, pur con i suoi limiti ed eccessi, ha portato in alto le nostre terre.

Un Chievo operaio-contadino, insomma, che anno dopo anno saliva di grado senza fare tanti proclami, mantenendosi sempre umile e poco ciarliero. Solo fatti e risultati. Del resto basta ricordare il profilo anti-media (nel senso di un personaggio che non amava mettersi troppo in mostra) dell’artefice in campo del miracolo clivense: il signor Luigi Del Neri, friulano doc, già bel giocatore di sostanza del nostro Vicenza. La novità e l’eccezionalità della vicenda della Diga mi hanno insomma colpito da subito, e così ho cominciato a seguire le partite al Bentegodi. Stagione dopo stagione, mi sono visto quasi tutto. Ricordo con grande piacere su tutto le bellissime partite dello scapigliato Chievo di Del Neri dei primi anni Duemila, con la squadra sbarazzina e insolente che non temeva nessuno e metteva difficoltà chiunque, sciorinando un calcio champagne, forse  meglio dire calcio prosecco. Ricordo il giovane Sergio Pellissier, che sarebbe diventato la bandiera dei gialloblù, e tutti gli altri bravi giocatori che hanno indossato la maglia clivense: da Marchegiani a Cossato, da Amauri a Barzagli, da Cesar a Perrotta, soltanto per citare quelli che mi vengono in mente di getto.

Il Chievo che arriva a partecipare alla Champions sotto la guida di Bepi Pillon, ma da qui però intraprende una strada irta, fatta di buoni campionati giocati per la salvezza. E così avanti per tanti anni. Non è stato mai facile per nessuno vincere contro il Chievo a Verona, dove anche le grandi ci hanno spesso rimesso le penne e dove il Chievo ha disputato partite memorabili. Non è questa la sede per  fare la storia di questa squadra perché oltrettutto richiederebbe ben altro spazio e tempo. Vorrei solo esprimere il mio rammarico per questa perdita che tocca tutto il calcio italiano. Il Chievo era rispettato da tutti gli avversari, e anche dagli stessi tifosi delle altre squadre proprio per la sua caratteristica di squadra particolare, simpatica, unica. Poi il patatrac. Ringrazio il Chievo per avermi fatto divertire, sebbene tifoso vicentino. Peccato veramente che sia finita così!

I giocatori del Chievo e quelli del Vicenza insieme in occasione di una gara amichevole

Luciano Zanini

Sull'Autore

Federico Formisano